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giovedì 18 luglio 2013

Tutti i numeri del disastro

Quali sono le emergenze attuali in Italia?
Il lavoro?
La crisi economica?
La povertà crescente?

Sì, sono gravi problemi ma ce n'è uno di gravissima entità che nessuno cita mai.
Riguarda il nostro paesaggio!

Voi ci direte: "Sì, va bé, però cominciamo prima a pensare al lavoro. Dovremmo pur mangiare. No?!"
Già è vero.
Se però noi riuscissimo ad unire i due fattori con un'unica soluzione?

Cominciamo a vedere il problema "Paesaggio".
Questi che seguono sono gli sconvolgenti numeri. Non sono solo cifre ma sono persone, cittadini, abitanti di questo bello stivale di terra che tutto il mondo ci invidia e che noi, puntualmente, schifiamo e maltrattiamo.

ECCOLI QUA I NOSTRI VERI PROBLEMI:
  • 68,9%  - la quota di comuni (5.581) in aree classificate a potenziale rischio idrogeologico più alto
  • 7,1% - la parte di superficie nazionale a potenziale rischio idrogeologico più alto
  • 100% - la quota di comuni a rischio potenziale più alto in Calabria, Umbria e Valle d’Aosta.
  • 11% -  la quota di comuni a rischio potenziale più alto in Sardegna
  • 6,8% - la parte di territorio nazionale interessato da fenomeni franosi
  • 43 - i miliardi di euro necessari per mettere in sicurezza il territorio italiano (27 al Centro-Nord, 13 al Sud, 3 per gli interventi di recupero delle coste)
  • 10.000 – il numero di vittime, feriti o dispersi in Italia, tra il 1900 e oggi, a causa del dissesto idrogeologico
  • 350.000 – il numero di senza tetto e sfollati, tra il 1900 e oggi, a causa del dissesto idrogeologico
  • 8 – l’ammontare, in miliardi di euro, dei danni per alluvioni in Italia dal 1998 (anno della tragedia di Sarno) ad oggi
  • 480mila - i fenomeni franosi verificatisi in Italia
I dati, presi da Legambiente sono incredibili. In un secolo un paese di medie dimensioni è sparito! Più di una  città è rimasta senza un tetto.

C'è una forte correlazione tra abbandono del territorio e dissesto idrogeologico.
Il trend è stato in forte ascesa durante il boom economico quando i contadini divennero operai.



Tra i dati sopra citati manca il valore economico dei danni. Troppo elevata è la cifra.
Mantenere il territorio non vuol dire spendere soldi a vuoto ma risparmiare su danni futuri incalcolabili in termine di soldi e, sopratutto, di vite umane.


L'agricoltura è la custode del territorio.
Non dobbiamo immaginarci poche e grosse aziende agricole. Quelle ci sono già e, per loro struttura aziendale, prediligono solo i terreni "migliori", quelli in piano, profondi, fertili e facilmente meccanizzabili.
Luoghi in cui il peso del dissesto è comunque limitato.

Noi dobbiamo invece spingere su piccoli agricoltori che inerpicati nelle zone più scoscese di colline e montagne si prodigano in operazioni colturali che permettano al territorio di mantenersi nel tempo.
Non solo i piccoli agricoltori sono fondamentali.
Noi dobbiamo spingere tutti i cittadini a mantenere un piccolo appezzamento.
Basta un orto o un piccolo frutteto.
Non serve iniziare dal grande ma avvicinare il cittadino alla terra, sentirla propria e passo passo ricreare quel legame perso tra uomo e territorio.

Noi stimiamo tutte le iniziative legate al mondo degli orti urbani proprio per questo. Non importa se l'orto è in centro città, in piano e sicuramente a basso rischio idrogeologico, quel gesto di mantenere un terreno abbandonato e deturpato è il primo passo per avviare la comunità nella direzione giusta.



Inoltre la piccola produzione è una forte azione per rimanere in attività. Che siate disoccupati in cerca di lavoro, pensionati con la minima o semplici hobbisti, l'orto può essere un buon modo per arrotondare il reddito o semplicemente risparmiare sugli acquisti.

Il tutto facendo del bene al territorio.

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