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domenica 19 maggio 2013

Le riserve naturali sono davvero sostenibili?

La domanda è certamente provocatoria ma tocca un punto delicato e fondamentale.
Tutti noi siamo contenti quando vengono creati nuovi spazi da dedicare alla natura in tutto il suo spendore, non vi è dubbio di questo.
La domanda che ci poniamo però è legittima. Queste aree sono sostenibili?
Noi pensiamo che non lo siano del tutto.

Purtroppo (o per fortuna) tutto ciò che abbiamo intorno ha un valore dei mercato. Il PC che abbiamo davanti, il tavolo su cui ci appoggiamo, la sedia su cui ci sediamo... L'ambiente naturale no. Per meglio dire non ha un valore commerciale ma un grande valore sociale, naturalistico e biologico. E' ciò che in economia viene definita esternalità positiva, cioè un bene che è indubbiamente positivo ma che esce obbligatoriamente dagli schemi economici "classici".

Pur non essendo d'accordo sulla completa libertà che gode l'economia, sappiamo bene che è la moneta che guida la nostra vita. Non possiamo farne a meno e non possiamo negarlo.

Una riserva naturale non genera economia diretta perché non produce nessun bene economico.
Il risultato si trasforma in una forte insostenibilità. Enti, fondazioni, associazioni che solitamente sono i gestori di questi luoghi, hanno costantemente un bilancio in rosso perché spendono per il mantenimento e le attività senza avere un rientro diretto.

Ad oggi sono riusciti a campare con le sovvenzioni statali e/o europee, con donazioni di privati o altri enti ma, la situazione economica attuale, costringe questi finanziatori a chiudere i rubinetti.

La nostra domanda allora torna prepotentemente. E' possibile convertire questi spazi naturali, vitali per la nostra società, in spazi che producano qualcosa di concreto da vendere?
Escludendo che è del tutto fuori luogo far pagare un biglietto d'ingresso ai visitatori di un parco, dato che la natura deve essere fruibile a tutti, perchè non creare aziende agricole all'interno delle riserve naturali?


Naturalmente queste aziende dovranno rispettare canoni di produzione rispettosi dell'ambiente nel quale si trovano.
L'ente gestore della riserva dà una percentuale di territorio in gestione a chi voglia produrre un bene agroalimentare assolutamente "bio"; in cambio il proprietario dell'azienda dovrà pagare un canone all'ente gestore che potrà utilizzare questi soldi nella manutenzione della parte "non produttiva".

In pratica un mix tra parco naturale e parco agricolo.

I vantaggi di questo sistema sarebbero numerosi e possiamo sintetizzarli come segue:
- Maggiori entrate all'ente gestore del parco
- Maggiore occupazione lavorativa (sia nel parco che nell'azienda agricola annessa)
- Possibilità di produzione agroalimentare sana e di qualità
- Vendita alternativa del prodotto agricolo (il turista che entra nel parco esce con il prodotto di quel parco)
- Agricoltore che diventa controllore e manutentore di parte del parco
- Creazione di un paesaggio rurale diversificato ed aumento di biodiversità
- Creazione di nuove tipologie di eventi con strutture ricettive, trattorie dove mangiare i prodotti del luogo, fattorie didattiche all'interno di un parco e molto altro
- Pubblicità crescente del parco attraverso la vendita del prodotto che, in etichetta, evidenzia il luogo di provenienza.

Tutti questi punti vanno aggiunti agli aspetti positivi che già oggi forniscono questi spazi naturali.


Il WWF sta intraprendendo proprio recentemente questa strada. L'ultima loro acquisizione è una zona nel sud della Sardegna. Una zona sabbiosa che si spinge fino alla costa attraverso caratteristiche dune. Una zona selvatica dove pascolano i famosi cervi sardi (specie endemica e a rischio di estinzione) e molti altri animali.
Questa spazio privato di circa 600ha è sempre stata data in gestione ai pastori locali.
Il WWF l'ha presa in gestione ma non ha cacciato via i pastori. Questo è già un passo avanti. Si riconosce l'importanza dell'attività agricola nel rispetto dell'equilibrio naturale.
Lo sviluppo che noi auspichiamo è proprio questo. Fare dei parchi naturali zone di rispetto ma anche di produzione sostenibile.
E' l'unico modo per far sì che ogni parco si autofinanzi e che finalmente abbia la possibilità di crescere ed investire sull'ambiente naturale senza poter essere ricattata dal taglio dei fondi statali.


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